Quello che dovete sapere prima di fare un panettone. Post di Alessia Bertoncini

Vi riporto integralmente questo post,  di Alessia Bertoncini, che ritengo sia veramente utile leggere.
Ci spiega tutto nel dettaglio non si è dimenticata nulla. A lei va tutta la mia stima.








Panettone: istruzioni per l’uso

Innanzitutto deve essere chiaro che fare un panettone è una bella sfida e che un panettone facile non esiste.
Se siete ai primi tentativi non fatevi scoraggiare da eventuali fallimenti, il panettone è una prova difficile e da inesperti è probabile che le cose non vadano come ci si aspetta. Soltanto riprovando si acquisiscono esperienza e sicurezza. ‘Nessuno nasce imparato’, anche i più bravi hanno iniziato dal niente esattamente come voi.
Se invece siete esperti ricordate i vostri inizi e cercate di aiutare con pazienza e umiltà chi è in difficoltà e non ha ancora ben capito termini utilizzati e procedure consigliate.

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La cosa più importante, a parte procurarsi tutti gli strumenti e gli ingredienti utili (ricordiamo la farina da panettone, gli stampi, il termometro a sonda per misurare la temperatura di impasto e cotture, le sospensioni di buona qualità, il burro di centrifuga, ma ne riparleremo sotto in modo più approfondito), è che il vostro LIEVITO goda di una perfetta salute e sia ben maturo e stabile (se avete un lievito appena creato il mio consiglio spassionato è di lasciar perdere per quest’anno o procurarsi un lievito maturo tramite uno spaccio).
Per quanto riguarda la PASTA MADRE SOLIDA, diciamo che la procedura standard prevederebbe di fare rinfreschi giornalieri preparatori per almeno una settimana con la farina che utilizzeremo in impasto o comunque una farina ben forte, lasciando a una temperatura ambiente di 18 gradi (meglio non superare i 20)  e, il giorno del primo impasto, tre rinfreschi  a distanza di 4 ore facendo lievitare a 28 gradi. In realtà ci sono anche altre modalità di gestione, ad esempio il mantenimento in acqua (questo l’articolo sulla gestione in acqua Bazzoli), o la legatura (vedi qui).
Se avete LICOLI lo potenzierete, sempre con la farina da grandi lievitati con cui impasterete, con piccoli pseudorinfreschi ripetuti lasciando il lievito fuori dal frigo (vedi anche qui) e facendo un rinfresco totale con lievitazione a 28° 3/4 ore prima di impastare (ma come per la solida c’è chi gestisce con altri sistemi).
E’ bene sapere che la solida è  più indicata del Licoli per i panettoni, a causa delle caratteristiche decisamente più lattiche che quest’ultimo ha: un panettone con Licoli avrà uno sviluppo più modesto, una fetta con un’alveolatura meno tipica e, soprattutto, una shelf life (conservabilità) minore, ma insomma, io stessa, ai miei inizi, ho fatto per anni panettoni con licoli (alcune ricette con adattamento per Licoli sono presenti nel Lievitario) e non erano malissimo, certo quando sono approdata alla solida ho scoperto un altro mondo e avuto altre soddisfazioni…
Prima del periodo panettonico in molti si procurano dunque una pasta madre solida oppure solidificano il proprio licoli.
Per trasformare licoli in solida potete dare un’occhio qui.
C’è anche chi alla fine della stagione dei grandi lievitati sfarina la propria solida per poi riattivarla in prossimità di quella successiva (trovate tutto qui).
Il lievito in un panettone è tutto, quindi davvero cercate di avere costanza nei rinfreschi preparatori e prima di partire ad impastare sinceratevi che sia ben in forza. Abbiate cura di valutarne la crescita e assaggiatene sempre un pezzetto. Solitamente un eccesso acetico lo si comprende al sapore, più infido e di più difficile identificazione è lo squilibrio lattico ( che è poi quello può far perdere l’incordatura dell’impasto quando incorporiamo i grassi).
Alcune ricette consigliano di effettuare un BAGNETTO al lievito solido prima del primo rinfresco della giornata del primo impasto.
Per farlo si procede così: tagliare la madre a fette di circa 1 cm ed immergerle in una ciotola d’acqua a 20 gradi con 1/2 grammi di zucchero (meglio se fruttosio) per litro di acqua. Il lievito deve stare in ammollo 15/20 minuti per fare in modo che le sostanze responsabili dell’acidità si depongano.
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Non abusare dei bagnetti perché a lungo andare essi indeboliscono il lievito (quindi va benissimo farli per purificare il lievito il giorno dell’impasto panettone o una volta a settimana nel normale mantenimento).
Dopo il bagnetto procedere al rinfresco avendo cura di pesare il lievito prima e dopo per fare una stima dell’acqua che esso ha assorbito durante l’ammollo e non alterarne l’idratazione.
Secondo punto importante: la FARINA.
Per un panettone  non basta una semplice farina di forza, ma serve una farina adatta ad assorbire pure tutti i grassi che la ricetta prevede, quindi è assolutamente consigliabile una farina tecnica da grande lievitato: una farina tecnica ci perdona molti più errori di una non tecnica e garantisce anche un prodotto con una umidità e conservabilità perfette. Sono molti i mulini che ne vendono (tra questi Molino Quaglia, Dallagiovanna, Pasini, Grassi…), ma ahimè capita raramente che le si trovi nei negozi, quindi organizzatevi per tempo ordinandole online, magari facendo un gruppo di acquisto con amici per abbattere un po’ i costi di spedizione.
Altro ingrediente fondamentale è il BURRO dovrebbe essere di centrifuga e non di affioramento (Bressanini ci aiuta a capir meglio la questione).
Sappiate che a parte l’ottimo (ma costosissimo) Occelli anche i burri tedeschi o bavaresi dei discount sono di centrifuga. Altri burri di centrifuga assai facilmente reperibili nei supermercati sono il Vipiteno, il Dalla Torre, il Lurpak (mi raccomando quello non salato).
Esistono poi burri professionali come il Corman che, gusto a parte, hanno una plasticità unica in impasto, ma a parte che sono in panetti da due chili e mezzo, si possono trovare solo in grandi negozi specifici per attrezzature e ingredienti da pasticceria (o alla Metro).
Per quanto riguarda le SOSPENSIONI dobbiamo dire che il panettone perfetto per morbidezza e umidità ha uvetta e canditi. Sono tante le persone che non amano i canditi, ma la maggior parte delle volte non li amano perché non hanno mai assaggiato canditi di qualità.
Buonissimi canditi da comprare (senza conservanti e nel loro sciroppo) sono ad esempio gli Agrimontana, ma vi ricordo che partendo per tempo e avendo frutta con buccia edibile e un rifrattometro (lo si compra per una ventina di euro su amazon…) è anche possibile fare canditure homemade (e potete candire di tutto, non solo scorze di agrumi).
Se  volete potete dare un occhio a questi file che forniscono tutte le indicazioni del caso (sono indicazioni per fare una vera canditura, far cuocere scorze di arancia nello zucchero non è fare veri canditi).
Ovviamente potete comunque utilizzare sospensioni alternative e sostituire con altro l’uvetta e le scorze di arancia previste dalla vostra ricetta.
Rispettando il peso totale si può giocare nelle combinazioni anche se il consiglio, se ad esempio si volesse utilizzare del cioccolato, è, a parte metterne un 10% in meno, di unirlo a qualcosa che rilasci umidità (il cioccolato non la rilascia ma piuttosto la trattiene, un panettone con solo cioccolato ha una resa è più asciutta).
Ecco alcuni esempi:
Arancia e Cioccolato
Datteri e Cioccolato
Albicocca e Cioccolato
Frutti rossi e Pistacchio
Frutti rossi e Cioccolato Bianco
Cioccolato, Fichi e Noci
Uvetta Fichi e Noci
Cioccolato e Zenzero canditoMarron Glacé e Cioccolato
Cioccolato e Amarene sciroppate (mi raccomando di farle scolare e asciugarle per bene)
Evitare assolutamente frutta fresca. Se volete fare un panettone farcito con creme potete siringarlo appena prima di consumarlo (le creme dei panettoni confezionati hanno conservanti).
Procuratevi gli STAMPI USA E GETTA, in carta o in cartoncino rigido. Quelli in cartoncino si trovano con maggiore difficoltà e sono un po’ più costosi, ma hanno il vantaggio di non deformarsi nella delicata operazione di capovolgimento.
Un po’ di misure indicative in questa tabella:
  • STAMPO ALTO : 100 g:  diametro 7  x altezza 5; 300 g.: diametro 11 x altezza 8,5 500 g: diametro 13 x altezza 9,5; 750 g: diametro 16 x altezza 9; 1000 g: diametro 17 x altezza 12,5
  • STAMPO BASSO : 500 g: diametro 15 x altezza 6; 750 g: diametro 18 x altezza 6.
Dedicatevi agli impasti in giornate in cui siete certi di poter seguire le lievitazioni e far fronte anche ad imprevisti che, si sa, coi grandi lievitati possono sempre esserci.
Ricordatevi che sul Gruppo c’è sempre qualcuno che può darvi una mano a risolvere problemi o semplicemente portare la sua esperienza per migliorare la vostra.
Non abbiate fretta in fase di impastamento e ricordate che dovete arrivare ad una perfetta INCORDATURA: un panettone non incordato è fallimento sicuro. Non siate precipitosi nell’aggiunta degli ingredienti ma al contempo cercate di non stressare l’impasto per eccessiva lavorazione. Non surriscaldatelo ma neppure fissatevi troppo con le temperature. Alle volte vedo gente che consiglia di usare il frigo per raffreddare impasti in difficoltà a 20 gradi quando invece una temperatura un po’ più alta (e magari un aumento della velocità dell’impastatrice) potrebbe aiutare ad aggiustare le cose. Non si dovrebbe infatti chiudere a temperature troppo basse e l’ideale sarebbe di farlo attorno ai 26 gradi o poco più (diciamo che un range accettabile va dai 24 ai 28 gradi) perché in caso di temperature di chiusura troppo basse il rischio è che la lievitazione abbia maggiori difficoltà a partire e possa protrarsi più a lungo.
Un impasto di grande lievitato incordato deve formare un tutt’uno e deve superare la prova velo: se lo si tira deve arrivare ad essere quasi trasparente ma non strapparsi… ah! Le magie della maglia glutinica!
Solitamente il primo impasto deve raggiungere il triplico (1+2: deve essere alle tre volte rispetto al volume di partenza). Ma ci sono alcune ricette (o gestioni particolari) che richiedono il quadruplico (1+3), ma questo è sempre specificato. Andare oltre al triplico in una ricetta che quello prevede ci espone a grossi rischi, quindi cercate 1. di non fidarvi troppo dei tempi di lievitazione previsti dalla ricetta e fare un controllo ben prima di superarli e 2. utilizzare recipienti che vi diano certezza della effettiva crescita dell’impasto (in una ciotola svasata non riuscite a capirlo!)
In tanti sono soliti prendere una piccola porzione di impasto e metterla a lievitare in un bicchierino graduato (la cosiddetta spia di lievitazione), però occhio che la spia non è molto attendibile e l’impasto grande da cui è tolta cresce normalmente di più  (il quantitativo maggiore determina una maggiore spinta in lievitazione), quindi l’ideale sarebbe di avere un contenitore graduato (o comunque a pareti dritte) nei quali la valutazione della crescita non dia adito a dubbi. Nei magazzini che vendono articoli per la casa si trovano con facilità contenitori del genere e anche a poco prezzo (in alternativa alle volte mi è capitato di graduare grandi ciotole mettendo dentro l’impasto, segnando il livello all’esterno con un pennarello indelebile, toglierlo, mettere acqua fino a quel livello, pesarla, aggiungerne una dose per segnare il livello del raddoppio e una ulteriore per quello del triplico… e voilà… di necessità virtù!).

Prima di partire con il secondo impasto sgonfiare il primo e riporlo in frigo in modo da abbassarne la temperatura ed evitare successivo surriscaldamento in fase di impastamento.
Procedere con il secondo utilizzando le medesime accortezze riservate al primo.
Una volta che l’impasto è perfettamente incordato (e lo deve essere PRIMA dell’aggiunta delle sospensioni!) lo si fa generalmente puntare in ciotola al caldo e poi all’aria sul piano di lavoro.
Poi si procede con le PEZZATURE (si fanno pezzature che prevedano il 10% in più rispetto alla capienza degli stampi: 1kg100 nello stampo da chilo, 825 g per lo stampo da 750, 550 g per lo stampo da mezzo chilo e così via…)
Lo step successivo è quello della PIRLATURA. Se non avete idea di ciò di cui si sta parlando date un’occhiata a video facilmente reperibili su youtube. 
 riesce a fare una buona pirlatura solo se si è riusciti a fare un buon impasto e una buona pirlatura è a sua volta basilare per la corretta lievitazione nei pirottini e per lo sviluppo ottimale in cottura del prodotto (ebbene sì, solo se pirlate bene avrete buone cupole). Se non siete soddisfatti della pirlatura fatta potete aspettare 10/15 minuti e rifarne una ulteriore (se ne fanno comunque generalmente due prima di depositare negli stampi).
Il ‘pizzicotto’ all’impasto prima di depositarlo nel pirottino è importante per evitare che si formino caverne all’interno.
Come per la lievitazione del primo impasto anche quella negli stampi deve essere fatta ad una temperatura controllata di circa 28 gradi: se non avete una cella di lievitazione potete utilizzate il forno spento con lucetta accesa (abbiate cura di verificare che i 28/30 gradi non vengano superati!)
I panettoni sono pronti da cuocere quando sono a circa due centimetri dal bordo: a quel punto potete praticare la cosiddetta scarpatura.
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Se non ve la sentite di scarpare potete limitarvi al semplice taglio a croce (ricordarsi comunque la noce di burro al centro).
Se dovete cuocere più panettoni e non avete spazio sufficiente in forno per farlo in contemporanea potete farli sostare in frigo in attesa del turno di cottura (io  sono arrivata a lasciarli una notte intera).
Anche se sono a fine lievitazione essi non andranno oltre, perché ad una temperatura di 4 gradi il tanto burro presente si solidificherà e bloccherà la lievitazione. Dovrete poi infornarli da freddi (previa scarpatura da effettuare appena prima di infilarli in forno) e anzi il fatto che l’impasto sia freddo di frigo farà loro avere uno sviluppo migliore (perché i lieviti tarderanno a morire e potranno produrre più anidride carbonica).
Indovinate quale tra i due è il panettone che ha sostato più a lungo in frigo?
Per quanto riguarda il FORNO utilizzatelo in modalità statico ad una temperatura di circa 165 gradi. Posizionate i panettoni in basso per non rischiare che le cupole, crescendo, si avvicinino troppo alla resistenza superiore. Ciascuno deve comunque conoscere il proprio forno e sapere che tipo di distribuzione del calore ha (il mio per dire cuoce molto da sotto e per evitare che il fondo dei panettoni cuocia eccessivamente sono solita mettere una teglia sul fondo per schermare un po’ il calore).
Se ho fatto il passaggio in frigo generalmente faccio una cottura in salita (parto da 120gradi e aumento ogni dieci minuti di una decina fino ad arrivare ai 165).
Una volta che avete infornato rilassatevi e magari prendete una sedia per godervi lo spettacolo e capire se le tante ore di lavoro vengano premiate con una crescita esplosiva.
Il cosiddetto ‘Faccia nel forno’ può essere davvero emozionante…
Non dimenticatevi di avere a portata strumenti indispensabili come il TERMOMETRO A SONDA, che vi permetterà di capire quando è il momento di sfornare (un panettone può considerarsi cotto già con una temperatura al cuore di 92, ma se volete essere più tranquilli potete sfornare quando esso è di 94 – temperature più alte daranno una resa più asciutta), e gli APPOSITI SPILLONI (in mancanza di essi semplici ferri da calza) con cui capovolgerete in modo tempestivo i panettoni una volta fuori dal forno.
Il capovolgimento è basilare per un corretto raffreddamento e per evitare che essi, che da caldi hanno una struttura fragilissima, collassino sotto il proprio peso. Per pezzature fino a 300 g potete anche non capovolgere.
Dopo cottura lasciare i panettoni capovolti un paio di ore e comunque aspettarne almeno un’altra decina (Massari dice una ventina) per confezionarli negli appositi sacchetti in prolipopilene (non sono sacchetti da congelamento ma sacchetti da pasticceria); se prima di inserire il panettone si spruzza alcool all’interno (si spruzza, si inserisce il panettone e si chiude il sacchetto immediatamente), è possibile scongiurare il pericolo di muffe e conservarlo per alcune settimane.
Per l’assaggio il mio consiglio è di aspettare almeno cinque giorni in modo da permettere ai sapori di amalgamarsi perfettamente.
Permettetemi alcune considerazioni finali.
Abbiamo appena visto come un panettone richieda impegno, attenzione e tempo… tempo per seguire i rinfreschi, tempo per fare l’impasto e attendere che le lievitazioni giungano al termine. Alle volte accadono imprevisti: impasti che non s’incordano, lievitazioni che non procedono o vanno a rilento (ve lo ricordate questo mio articolo in merito?). Alle volte insistere ci premia con un inaspettato e non sperato successo finale, altre volte insistere è inutile accanimento terapeutico. L’importante è sempre capire il perché dei fallimenti e delle difficoltà, in modo da apportare le correzioni del caso (al lievito, alle nostre modalità di impasto etc…) e avere una rivalsa con il tentativo successivo.
Vorrei anche dire che questo articolo è fatto di consigli ma non vuole dettare legge, visto che i consigli possono anche variare sulla base delle necessità. Vi faccio un esempio spiccio: un impasto panettone dovrebbe lievitare al caldo, ma se abbiamo necessità di allungare i tempi e soprattutto se l’alternativa è lasciar perdere tutto a metà lavorazione perché abbiamo un contrattempo ecco che possiamo valutare di far lievitare a temperatura ambiente o mettere in frigo, insomma, non sarà certo la regola, ma di necessità bisogna sempre fare virtù, salvare il salvabile e magari non solo salvarlo ma trasformarlo in un bel successo 😉
Alessia la Boss :

 

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