GESTIONE PASTA MADRE
(.... io sento già odore di panettone..... 😂😂😂)
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A breve riattiveremo la nostra pasta madre, penso che queste dritte di Emanuele Brancati, possano tornare utili.
Questo “breve” testo ha lo scopo di fornire qualche indicazione sulla composizione e sulla gestione del lievito naturale e non ha alcuna pretesa di essere omnicomprensivo. Fornisce il minimo delle informazioni necessarie per farsi un’idea dei meccanismi in gioco e della complessità del mondo del lievito madre. Le gestioni descritte sono molto rigorose e tutte volte ad avere un lievito nella forma ottimale per un grande lievitato. Per la produzione di prodotti da forno meno arricchiti molte di queste accortezze possono risultare superflue.
Mettiamo in chiaro una cosa: non sono un chimico, non sono un biologo, sono un ricercatore universitario che si occupa di tutt’altro e che ha approfondito su libri alcuni aspetti. Questo è solo il risultato di alcuni appunti presi qua e la e poi messi insieme. Anzi, qualora abbia scritto castronerie fatemelo presente e lo terremo il più possibile aggiornato e senza imprecisioni. Ringrazio Carlo di Cristo, che invece è uno specialista vero, per averne già corrette alcune :) e zio Shakin per aver aggiunto preziosi commenti di cui mi sono appropriato interamente senza citazione con un atto che sfiora il vandalismo.
In queste righe non troverete indicazioni precise, semplicemente perchè non ce ne sono. La gestione del lievito dipende innanzitutto e soprattuto dallo stato di salute del vostro lievito e dalle modalità con cui deciderete di mantenerlo. Sono pù delle linee guida da tenere in considerazione. Potete leggerle in due modi, un approccio totale cercando di capire anche il perchè, qualora spiegato, oppure un approccio un pò più pratico, saltando direttamente alla guida per le diverse gestioni oppure alle cure correttive in caso di squilibri. A voi la scelta.
Quando previste delle proporzioni ci si riferisce, nell'ordine, alla quantità di lievito naturale, alla farina e all'acqua previsti. Es: un rinfresco 1:1:0.45 prevede 100g di lievito, 100g di farina e 45 di acqua (ma anche 200g/200g/90g.... insomma, basta che manteniate quelle proporzioni), mentre un 0.8:1:0.4 è un rinfresco con 80g di lievito, 100 di farina, 40 di acqua.
Fine disclaimer :)
Il lievito naturale è un ecosistema estremamente complesso. Solo un equilibrio perfetto tra le diverse popolazioni di batteri lattici e i lieviti consente una produzione sufficiente di CO2 per la lievitazione dell’impasto e contestualmente una equilibrata acidificazione dell’impasto che caratterizzi il prodotto e doni:
migliore digeribilità : la maggiore produzione di enzimi proteolitici favorisce la trasformazione delle proteine in amminoacidi più semplici (inoltre i batteri lattici distruggono l’acido fitico che impedisce l’assimilazione di molti nutrienti);
maggiori sapori e aromi accompagnati da un prodotto più morbido e soffice ad opera della fermentazione lattica;
maggiore conservabilità (allungamento shelf-life): l’ambiente acido da un lato rallenta la retrogradazione dell’amido, dall’altro funge come barriera contro altri microorganismi come muffe (per effetto dell’acido lattico).
Inoltre, la maggiore acidità dell’impasto rispetto all'uso del lievito di birra rallenta anche i processi enzimatici consentendo più margini di flessibilità sulle tempistiche di gestione (impasti e infornamento).
Composizione del LN
Il LN, solido o liquido che sia, è un complesso ecosistema composto di saccromiceti (lieviti) e lattobacilli, tipicamente in rapporto 1:100 per la pasta madre solida.
Lieviti
I lieviti si riproducono per gemmazione, specialmente in aereobiosi e in condizioni di abbondanza di nutrimento adatto. Il loro principale prodotto di fermentazione è l’alcol etilico (da qui il nome fermentazione alcolica). Sono molto più resistenti dei batteri lattici e vivono in un range di 4-35°, con un optimum tra i 26-30°. Sopra i 35° la cellula va in sofferenza, prima di morire attorno a i 55°.
La fase di impastamento ossigena la massa facendo partire il metabolismo aerobico e favorendo la riproduzione dei lieviti (questo è l'obiettivo della cilindratura del LN). Quando l’ossigeno finisce inizia il metabolismo anaerobico, i lieviti rallentano il processo di moltiplicazione e iniziano a produrre anidride carbonica, alcol etilico e in piccole quantità acidi organici come l’acido succinico e acetico (cibandosi di glucosio e fruttosio rilasciano anche amminoacidi essenziali per la crescita e lo sviluppo dei batteri lattici).
L’attività dei lieviti è influenzata da:
acidità dell’ambiente: ottimo in ambienti acidi con PH 3.9-5.3;
zuccheri, sali e grassi: i primi due per via della pressione osmotica e del rallentamento dell’attività enzimatica;
temperatura: superati i 24°, ogni grado aggiuntivo comporta un aumento dell’attività fermentativa dell’8-12%;
qualità e durezza dell’acqua: il cloro è un disinfettante e rallenta la moltiplicazione dei lieviti. Inoltre, l’eccessiva durezza dell’acqua irrigidisce la maglia glutinica rallentando il processo fermentativo. Se incerti sulla qualità dell’acqua usare acqua minerale frizzante (preferibile alla naturale per l’apporto di gas).
Batteri lattici
A differenza della maggior parte dei liviti, i batteri lattici fermentano il maltosio, lo trasformano in glucosio (utilizzabile dai saccaromiceti) e acidificano l’ambiente rendendolo idoneo allo sviluppo dei lieviti. I lattobacilli hanno una fermentazione diversa dai lieviti con una produzione di gas molto inferiore. La selezione di LAB è influenzata dalla temperatura dell’ambiente di lievitazione, la temperatura della pasta, il tasso di idratazione e la percentuale di umidità dell’ambiente in cui viene maturato. As sua volta, lo sviluppo della popolazione di LAB incide sulla produzione di acido lattico e acetico che in condizioni ottimali deve essere di 3:1. L’acido acetico (favorito da basse temperature e basse idratazioni) irrobustisce la maglia e genera tenacità , mentre l’acido lattico (favorito con temperature alte e umidità ) rende l’impasto più estensibile. I LAB che compongono un LN sono:
LAB omofermentanti obbligati
Producono quasi esclusivamente acido lattico (90%). Sono detti termobatteri perché si sviluppano fino a 45°.Quando trovano le condizioni adatte al loro sviluppo colonizzano l’ambiente inibendo lo sviluppo di qualsiasi altro organismo, compreso gli eterofermentanti, rendendo anche inattivi i lieviti (l’impasto perde gradualmente forza e la crescita si arresta). Per questo è importante che il LN sia principalmente composto da eterofermentanti. Il loro sviluppo aumenta in caso di:
utilizzo di farine ricche di fibra;
temperature elevate: range di azione 15-45°, è fondamentale prestare attenzione alla temperatura finale dell’impasto e dell’acqua usata nei rinfreschi. Con temperature finali di impasto superiori a 28° prolificano LAB omofermentanti;
alta idratazione dell’impasto (impasti duri sono da preferire).
LAB eterofermentanti obbligati
Insieme all’acido lattico producono anche CO2 e acido acetico (e/o alcol etilico). È la popolazione di batteri più idonea ai prodotti da forno. Il LAB Sanfrancisciensis è di questo gruppo, in grado di usare maltosio e di abbassare notevolmente il PH fino a 3,8 per favorire lo sviluppo dei lieviti. Lo sviluppo dei LAB eterofermentanti è influenzato da:
controllo delle temperature: la temperatura dell’impasto deve essere regolarizzata e aggirarsi in un intorno di 26/27°
temperatura ambiente del luogo di stazionamento: riposo notturno a 16-18°;
percentuali di acqua: tra il 44-47%.
LAB eterofermentanti facoltativi
Producono quasi esclusivamente acido lattico (anche se in scarsità di glucosio producono anche lattato, acetato, etanolo). Anche se meno dannosi degli omofermentanti possono comunque rallentare l’attività dei lieviti.
Gestione in equilibrio
Un lievito in equilibrio è caratterizzato da un rapport lieviti LAB 1:100 e un rapporto 1:3 tra acidità acetica e lattica. Squilibri di forza o di acidità devono assolutamente essere corretti prima di entrare in produzione con un grande lievitato. A tal proposito la sezione successiva fornisce qualche inidiazione sulla diagnosi del lievito e eventuali azioni correttive. In questa sezione si parla di gestione di un lievito già in equilibrio, cioè sano. Un lievito che quando maturo è estremamente profumato (appena un accenno di alcolico), ha un sapore leggermente acido, una pasta bianca calda (ocra) e soffice con alveoli allungati e uniformemente distribuiti (equidistanti), PH ottimale di 4.1-4.3.
Le tecniche di conservazione e utilizzo del lievito sono molteplici e si adattano alle diverse esigenze di produzione. Per mantenere un equilibrio stabile tra LAB e lieviti è però fondamentale regolarizzare il grado e la consistenza d’impasto, la temperatura d’impasto, il tempo e la temperatura di conservazione, tutti fattori che selezionano la crescita di LAB omo o eterofermentati e influenzano l'attività dei lieviti.
Delle linee di massima per rafforzare e non sbilanciare un lievito (a prescindere dal tipo di gestione) possono essere sintetizzate come segue:
regolarizzare il più possibile la temperatura di chiusura dell'impasto rinfrescato attorno a 26-28° aiuta moltissimo a mantenere gli equilibri; meglio se sempre a 27°. E’ un valore importante anche per la formazione della maglia glutinica; un impasto freddo chiuso sotto i 22° avrà un glutine formato solo parzialmente (e con una lievitazione rallentata), mentre sopra i 30° si avrà un’attività enzimatica eccessiva e tenderà alla liquefazione. Temperature troppo basse (anche solo di 3°) rischiano di allungare molto i tempi nella fase dei rinfreschi preparatori).
A tale scopo la temperatura dell’acqua da usare se non si hanno scopi correttivi è approssimabile da 3T-TF-TA-coeff. Dove T è la temperatura desiderata dell’impasto finale (27°C), TF e TA sono rispettivamente la temperatura della farina (mediamente 2° in meno della TA) e ambiente, coeff è il coefficiente di riscaldamento del sistema di impastamento adottato (10° per la spirale, 8° per una planetaria, 5° per la tuffanti). In linea di massima in ambienti normali (22-24°) la temperatura ottimale dell’acqua si aggira attorno ai 24/26°;
effettuare un riposo notturno del lievito di 16h è fondamentale per permettere al lievito di purificarsi dai microorganismi dannosi, non specifici, per via l’elevata acidità che si viene a formare. Inoltre, l'acidità seleziona spontaneamente gli elementi più forti. Il riposo deve essere fatto a 16-18°C (sia per il lievito legato che in acqua, a patto che quest’ultimo sia tenuto più duro). Se impossibilitati a tenere il lievito a 16° aiutarsi con il frigo: fino a 20-21° lasciare a TA, a 26° lasciare a TA per 8h e terminare in frigo, a 32° 4h a TA e resto in frigo, a 38° 2h a TA e il resto in frigo;
grado e consistenza d’impasto. Sia un impasto duro che poco impastato favoriscono sviluppo acido acetico. Usare la giusta percentuale di acqua (44%-46% a seconda della farina) e impastare bene;
Laminare/piegare e cilindrare il lievito per ossigenarlo e favorire la riproduzione dei lieviti e avere uno sviluppo maggiore. Facendo due giri di pieghe a tre e cilindrando il lievito si avrà un aumento sostanziale della riproduzione dei lieviti nei primi 30’ successivi al rinfresco (fase aerobica);
il bagnetto deve essere effettuato o per alleviare lo stress nella fase di produzione ripetuta o per correggere squilibri, altrimenti non più di una volta a settimana per non rallentare troppo i lieviti o ridurre eccessivamente l’acidità . Le modalità varieranno a seconda del metodo di gestione del lievito (in acqua o nel sacco);
se durante i rinfreschi il lievito passasse di maturazione (inacidito) non si deve rinfrescare ma si deve procedere nuovamente al lavaggio ed alla purificazione in acqua fredda e zuccherata. In seguito deve essere rinforzato almeno tre volte prima di essere utilizzato nel primo impasto;
attenzione all’utilizzo di disinfettanti che possono compromettere la componente batterica; per pulire i piani di lavorazione usare acqua calda e alcol etilico 95°;
verificare lo stato di salute e forza del lievito usando una spia. Prendere 100g di lievito appena rinfrescato 1:1 (pari peso di lievito e farina) e mettere in una brocca con 2l di acqua a 16° con una TA di 20°. Se viene a galla in 1.45/2h è sano e pronto per la produzione;
utilizzare la stessa farina, di forza (W360/380 p/l 0,65), che si userà per il grande lievitato;
evitare di stressare il lievito con proporzioni sbilanciate nei rinfreschi e aspettare sempre almeno il raddoppio prima di un nuovo rinfresco per evitare di indebolirlo;
a prescindere dal tipo di gestione, un lievito stretto che spinge lateralmente sulle pareti acquisterà forza, altrimenti sarà più debole.
Gestione in sacco
Caratteristiche: il lievito legato nel telo dà un prodotto più acido (maggiore acidità acetica) con un’attività dei lieviti maggiore e una struttura migliore. La maglia glutinica è più rigida, quindi necessita di più attenzione, soprattutto nella fase di conservazione, utilizzo e maturazione. Anche la fase di lievitazione richiede attenzione, un prodotto giovane tende a spingere poco in forno risultando in uno sviluppo subottimale. Avendo una popolazione di lieviti più marcata che nella gestione in acqua, la crescita in forno sarà molto forte all’inizio ma si arresterà presto per via della minore resistenza dei lieviti al calore.
Messa in forza per un lievitato
riposo notturno 16h a 16-18°;
bagnetto (eventuale se lievito stressato dal ciclo produttivo o correttivo);
rinfresco 1:2:0,92 (1:2:0,7-0,76 se si effettua il bagnetto), cilindrato e a lievitare libero a 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale, 100g LN in brocca da 250g);
rinfresco 1:1:0,44-0,46, cilindrato e a lievitare libero a 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale);
eventuale 3° rinfresco, ma comunque già in equilibrio per entrare in produzione se il lievito è in salute.
Bagnetto: essendo un impasto più acido è necessario usare acqua fredda a 20° (per abbassare l’acidità ) con 1/2 g di zucchero per litro, meglio se fruttosio (comunque è bene non esagerare con il fruttosio perché è un cofattore di sviluppo di acido acetico). La quantità di acqua deve essere proporzionata al lievito (3l per Kg di LN). Far stazionare 15/18’ per eliminare la materia idrocarbonata (simile alla gomma), la resina amara e le sostanze grasse. Stazionamenti troppo lunghi rischiano di far depositare anche i globuli del lievito e che si sciolga l’amido solubile.
Riposo standard: rinfrescare 1:3, aspettare che torni in tiro legato e poi riporre in frigo a 4° (1:5 fino a 21gg).
Riposo lungo: sfarinare il lievito mischiando nel cutter pari peso di LN in forza e farina. Fare molta attenzione a come si frulla, non va assolutamente scaldato per evitare di danneggiare la flora (procedere con impulsi brevi e frequenti). Stendere la polvere su un piano pulito e farla asciugare, poi conservare in sottovuoto e conservare fino a 12 mesi a -18°. Prima del suo utilizzo, stazionare per 24h il preparato a 4°C, fargli fare altre 24h a TA, quindi aggiungere acqua e procedere alle normali operazioni di rinfresco fino ad ottenere un lievito a giusta maturazione. Iniziare con rinfresco 1:1, poi per 3gg rinfreschi 1:2 di 24h a TA, infine per gli ultimi 4 giorni fare due rinfreschi 1:1 lavorando a 28° fino a maturazione (1+1,5) e un altro rinfresco con messo a riposo notturna (16/18° per 16/18h). Nel complesso, considerare un totale di 12 giorni per rimettere il tutto in forza.
Gestione in acqua
Caratteristiche: prevede una gestione in acqua di tutte le fasi del lievito. Il lievito tenuto in acqua sviluppa una popolazione lattica maggiore, che diluendosi in parte, proprio nell’acqua di conservazione (acido lattico solubile), rende il prodotto generalmente meno acido, aiutando a sviluppare una maglia più estensibile e riduce i rischi di acidificazione dell’impasto Consente di prolungare i tempi di lievitazione senza alcun problema di acidità , nemmeno se il lievito è debole e impiega troppo tempo a lievitare. Allo stesso modo, perdona più facilmente errori di temperatura eccessiva che porterebbero normalmente alla disgregazione della maglia per via dell’acidificazione dell’impasto a causa dei batteri lattici. Inoltre è associato a una shelf life migliore e più lunga, con una permanenza della morbidezza per settimane. Il rapporto lieviti batteri è di 1:100, quindi la popolazione dei lieviti è inferiore al LN in sacco e questo fa si che si abbia un tipo di fermentazione diversa, portata avanti per lo più dai batteri e perciò molto più lenta e costante. Lo stesso nel processo di cottura, dato che i batteri lattici sono più termoresistenti, si avrà una maggiore crescita in forno (sembrerà che stenta a crescere all’inizio, ma la fase di spinta in cottura è più lunga).
Gestione: il lievito, dopo esser stato laminato/piegato e cilindrato, viene riposto in un recipiente pari a 5 volte il volume iniziale e stretto (per evitare dispersione del calore), contenente 3 volte il peso del lievito in acqua a 19/20° (1kg lievito/3l acqua). Deve venire a galla in 45/60’, tempistiche maggiori indicano un lievito debole. Il recipiente deve essere della dimensione adatta per avere una giusta percentuale di massa sommersa e emersa, ovvero avere un volume 5 volte quello del lievito (5l per 1Kg di lievito). Inoltre deve essere a caraffa perché il lievito lavora meglio e prende forza se compresso (non deve galleggiare e crescere allargandosi ma deve toccare subito i bordi e comprimersi crescendo in alto). Lo stato della crosta, che dovrebbe essere di 2-3mm e spellarsi facilmente, da informazioni sullo stato di salute del lievito. Se troppo spessa è un indice di eccesso di acidità acetica, se troppo sottile o addirittura appiccicosa indice di eccesso di acidità lattica.
Messa in forza per un lievitato
riposo notturno 16h a 16-18°;
bagnetto (eventuale se lievito stressato dal ciclo produttivo o correttivo);
rinfresco 1:1:0,44 (1:1:0,35 se si effettua il bagnetto) a lievitare 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale);
rinfresco 1:1:0,44 a lievitare 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale);
eventuale 3° rinfresco, ma comunque già in equilibrio per entrare in produzione se il lievito è in salute. 3° rinfresco: 1:1,1:0,5.
Bagnetto: il lievito ha prodotto più acido lattico come popolazione, ma meno acidità totale perché diluito in acqua. Il bagnetto, sempre di 15/18’, deve essere effettuato a temperature maggiori (32-34°) per rivitalizzare i lieviti. La quantità di acqua deve essere proporzionata al lievito (3l per Kg di LN), e sempre addizionata con il 2� di fruttosio. Questa operazione, proprio per via dell’acqua calda, può essere ripetuta giornalmente.
Riposo standard: (7gg) rinfrescare 1:2 e riporre in frigo a 4° (aumentare fino a 1:3/4 per 14-21gg). All’uscita dal frigo lasciato a temperatura ambiente almeno 12h, o comunque fino a che non ha finito la lievitazione qualora fosse ancora meno che triplicato. Il giorno successivo si procede al primo rinfresco (o bagnetto).
Riposo lungo: surgelare in acqua (fino 12 mesi). Una volta rinfrescato il LN (1:2) mettere in acqua a 18-20° (in proporzione 3:1 sul lievito) e conservare a 20°/22°. Una volta venuto a galla porre in frigorifero a 4-5°C per almeno 10h, poi trasferirlo in abbattitore sempre in bagno d’acqua e conservare a -18°C protetto da un sacchetto. Per rigenerarlo, transitare a 4° per 24h, poi trasferire a temperatura ambiente per altre 24h, o comunque fino a completa lievitazione, prima di procedere con un rinfresco 1:1 senza bagnetto (possono volerci anche due giorni).
Due sono le tipologie più popolari di gestioni in acqua (io opto per una via di mezzo), di cui si ripropongono le principali caratteristiche:
Gestione Morandin (scuola piemontese)
Mantenimento giornaliero:
bagnetto giornaliero, acqua 38° con 2� di zucchero per circa 20/30 minuti;
rinfresco con acqua a 30°, impastando lievito e acqua e poi aggiungendo farina (dopo il bagnetto 1:1:0,3). Far maturare 24h a 16-20° in acqua a 16-18°.
Preparazione per un grande lievitato (dopo diversi giorni a TA):
6:00, bagnetto a 38°;
6:30, primo rinfresco 1:0,9:0,27, immerso in acqua a 26° e messo a lievitare in cella a 30/31° per 3 ore effettive (deve triplicare) con UR 75-80%. Qualora fosse leggermente debole, rinfrescare 1:0,8:0,24;
9:40, secondo rinfresco 1:0,9:0,36, immerso in acqua a 26° e messo a lievitare in cella a 30/31° per 3 ore effettive (deve triplicare) con UR 75-80%;
12:50, terzo rinfresco 1:0,9:0,36, immerso in acqua a 26° e messo a lievitare in cella a 30/31° per 3 ore effettive (deve triplicare) con UR 75-80%;
16:00, pronto per il primo impasto.
Gestione Bazzoli
Mantenimento giornaliero:
assenza di bagnetto giornaliero, a meno di squilibri da correggere;
rinfresco con acqua a 26°, 1:1:0,4, fatto maturare 24h a 16-20° in acqua a 16-18°;
uso acqua gassata nei rinfreschi e nell’acqua di ammollo solo in caso di squilibri.
Preparazione per un grande lievitato:
T-2: ore 10:00 togliere lievito dal frigo e far ambientare per 6h a TA;
T-2: ore 16:00 rinfrescare 1:1:0,35 e lasciare in acqua a 16° per 18/24h;
T-1: ore 13:00 rinfresco 1:1:0,35 e a lievitare a secco (in un canovaccio infarinato) a 28° per 2,5h/max 3h (lievito molto giovane);
T-1: ore 16:00 rinfresco 1:1:0,45 e a lievitare in acqua per 18-24h;
T: ore 13:00 rinfresco 1:1:0,35 e a lievitare a secco a 28° per 2,5h/max 3h;
T: ore 16:00 rinfresco 1:1:0,45 e a lievitare a secco a 28° per 2,5h/max 3h (metà in acqua per la conservazione);
T: ore 19:00 primo impasto (pronto quando quadruplicato).
Gestione libera
Gestione allo stato solido che non prevede né legatura, né gestione in acqua, ma semplicemente un contenitore chiuso. Lo si rinfresca come un lievito nel sacco, ma viene lasciato libero.
Bisogna porre molta attenzione perché tende ad avere molto facilmente squilibri di acido acetico. Per questo motivo è consigliabile fare bagnetti giornalieri freddi. Andando in contro a un piccolo indebolimento è consigliato procedere anche con il terzo rinfresco.
Per il resto, procedere come con il lievito nel sacco, tranne che il primo rinfresco va fatto in rapporto 1:1,5:0,675.
Verifica della qualità e gestione degli squilibri
Squilibri nella composizione del LN, sebbene risultino ininflenti nella produzione quotidiana di prodotti lievitati semplici, possono causare danni enormi su impasti arricchiti come per i grandi lievitati. A meno di avere un laboratorio chimico a casa, e' necessario affidarsi ai propri sensi. Anche i PHmetri non sono particolarmente utili, in quanto danno informazioni sull'acidità totale ma nessuna indicazione sul rapporto acido lattico/acetico, che in condizioni ottimali deve essere 3:1. L’analisi del lievito deve essere quindi distinta tra una valutazione di forza e acidità totale e una valutazione dell’equilirbio acido al suo interno.
Forza e acidità totale
Si distinguono
Lievito maturo: profumato, sapore leggermente acido, pasta bianca calda (ocra) e soffice con alveoli allungati e uniformemente distribuiti (equidistanti), PH 4.1-4.3, profumo alcolico.
Lievito troppo forte: è un impasto che ha prodotto troppi lieviti (se non acido), rompendo di fatto l’equilibrio coi batteri lattici, oppure ha prodotto troppo acido acetico, nel qual caso avrà un sapore acido amaro, colore grigiastro, alveoli rotondi, PH<4, profumo acido pungente, consistenza appiccicosa. In tal caso correggere con un lavaggio in bagno d’acqua (18°) aggiungendo il 2� di fruttosio sull’acqua e lasciare a bagno per 15/20 minuti (rapporto acqua lievito 3:1). Strizzare il lievito e rinfrescare 1:2:0,7.
Lievito troppo debole: sapore dolciastro privo di punte di acidità , colore bianco, pasta scarsamente alveolata, PH 5-5.5, profumo di farina. Rinfrescare 1:0,8:0,36, messo a lievitare a 28°C. Procedere ai successivi rinfreschi dosando la farina fino ad ottenere un lievito della giusta consistenza, che maturi in 3/3:30 ore a 28°C.
Lievito inacidito: sapore di acido acetico, odore di formaggio (acido butirrico), colore grigio, pasta vischiosa, PH molto basso. Lavare in bagno d’acqua per 15/20 min aggiungendo il 2� di fruttosio. Strizzare il lievito e rinfrescare 1:2:0,9 con 40g di tuorlo e 6g fruttosio per Kg di farina (entrambi). Continuare a rinfrescare (senza tuorlo e zucchero) fino a che non matura in 3/3:30 ore a 28°C.
Squilibrio con eccesso lattico
Un eccesso di acido lattico, causato da uno sviluppo eccessivo di LAB omofermentanti, non è riscontrabile all’olfatto (non è volatile) ma lo è all'assaggio percbè rende il prodotto acido con un amaro persistente che si percepisce nella parte posteriore e laterale della lingua (dopo la cottura è ben marcato). Dato che il profumo di un lievito viene dalla componente acetica, l’assenza di profumi è un forte segnale di uno squilibrio lattico. Queste le caratteristiche di un impasto con prevalenza di acido lattico:
impasto più debole, con un rallentamento progressivo fino alla totale interruzione dell’attività di lievitazione;
impasto più appiccicoso meno resistente alla lavorazione, più estensibile, difficile da impastare (elasticità e estensibilità che disperderanno l’impasto per la macchina invece di formare la palla);
difficoltà ad incorporare i grassi, fino al punto dividersi (la polarità positiva dell’acido lattico si sostituisce alla polarità positiva del glutine formando una maglia glutinica instabile che non regge il carico dei grassi e si slega);
distacco del prodotto cotto (se l’accumulo non è così eccessivo da generare la separazione in fase di impastamento, comunque l’eccesso di acidità lattica, favorendo un eccesso di destrine, impedisce la trasformazione in gel dell’amido; l’amido non gelatinizzato non ha struttura e avviene il distacco);
alveolatura piccola e tonda dell’impasto.
La cura sta nello stimolare lo sviluppo di LAB eterofermentanti (tempo necessario: almeno 48h se lo squilibrio non è eccessivo). In particolare:
acqua del rinfresco a 24-26°, se necessario anche 20-22°;
riposo notturno a basse temperature: 10° se nel sacco, 4° se in acqua;
bagnetto con acqua fredda (19°), addizionata con 2� di fruttosio e in rapporto 3:1 con il lievito;
abbassare idratazione fino al 40%;
usare tuorlo (40g/Kg farina) nei rinfreschi;
fare anche due rinfreschi al giorno a meno di 22° (meglio se 18°);
evitare l’uso di farina con parti cruscali.
In casi estremi di squilibri lattici sostanziali (se porta per esempio alla totale separazione dei grassi): interrompere la produzione, al primo rinfresco aggiungere tuorlo e raddoppiare la farina. Nel secondo e terzo rinfresco aggiungere 0,2% sale per regolarizzare e controllare l’acidità (solo in caso di separazione dei grassi). Se l’acidità è veramente eccessiva, è possibile usare anche lo 0,4-0,5% di bicarbonato di sodio sulla farina.
Qualora si partisse da un lievito in coltura liquida trasformato in solido in vista di un grande lievitato, con una gestione di due rinfreschi al giorno a 18/20° si otterrà un riequilirbio in circa 15/20 giorni.
Squilibrio con eccesso acetico
Un eccesso di acido acetico (volatile) è facilmente riconoscibile a livello olfattivo, avendo un odore acre e pungente. Inoltre l’acidità è meno amara di quella lattica e percepibile solo sulla punta della lingua. Un eccesso di acidità acetica causa:
impasto più resistente e coriaceo con una maglia glutinica che tende a strapparsi;
prodotto con poco gusto perché parte dell’acidità sarà persa in cottura (acidità acetica è volatile);
alveolatura allungata (tipicamente acidità acetica è accompagnata da una elevata attività dei lieviti con conseguenti alveoli grandi e allungati);
maggior produzione di muffe, in quanto è l’acidità lattica che ne protegge l’insorgere.
La cura sta nello stimolare lo sviluppo di omofermentanti (tempo necessario: almeno 48h se lo squilibrio non è eccessivo). In particolare:
durante i rinfreschi sciogliere, prima dell’aggiunta della farina, il lievito con acqua tiepida, questo migliorerà l’attività dei lieviti e indurrà ad una produzione di acido lattico;
aumentare l’idratazione fino anche al 55% sul peso della farina.
Oh mica vi sarete spaventati vero? Alla fine è molto più facile, basta usare il buon senso!!!
A breve riattiveremo la nostra pasta madre, penso che queste dritte di Emanuele Brancati, possano tornare utili.
Questo “breve” testo ha lo scopo di fornire qualche indicazione sulla composizione e sulla gestione del lievito naturale e non ha alcuna pretesa di essere omnicomprensivo. Fornisce il minimo delle informazioni necessarie per farsi un’idea dei meccanismi in gioco e della complessità del mondo del lievito madre. Le gestioni descritte sono molto rigorose e tutte volte ad avere un lievito nella forma ottimale per un grande lievitato. Per la produzione di prodotti da forno meno arricchiti molte di queste accortezze possono risultare superflue.
Mettiamo in chiaro una cosa: non sono un chimico, non sono un biologo, sono un ricercatore universitario che si occupa di tutt’altro e che ha approfondito su libri alcuni aspetti. Questo è solo il risultato di alcuni appunti presi qua e la e poi messi insieme. Anzi, qualora abbia scritto castronerie fatemelo presente e lo terremo il più possibile aggiornato e senza imprecisioni. Ringrazio Carlo di Cristo, che invece è uno specialista vero, per averne già corrette alcune :) e zio Shakin per aver aggiunto preziosi commenti di cui mi sono appropriato interamente senza citazione con un atto che sfiora il vandalismo.
In queste righe non troverete indicazioni precise, semplicemente perchè non ce ne sono. La gestione del lievito dipende innanzitutto e soprattuto dallo stato di salute del vostro lievito e dalle modalità con cui deciderete di mantenerlo. Sono pù delle linee guida da tenere in considerazione. Potete leggerle in due modi, un approccio totale cercando di capire anche il perchè, qualora spiegato, oppure un approccio un pò più pratico, saltando direttamente alla guida per le diverse gestioni oppure alle cure correttive in caso di squilibri. A voi la scelta.
Quando previste delle proporzioni ci si riferisce, nell'ordine, alla quantità di lievito naturale, alla farina e all'acqua previsti. Es: un rinfresco 1:1:0.45 prevede 100g di lievito, 100g di farina e 45 di acqua (ma anche 200g/200g/90g.... insomma, basta che manteniate quelle proporzioni), mentre un 0.8:1:0.4 è un rinfresco con 80g di lievito, 100 di farina, 40 di acqua.
Fine disclaimer :)
Il lievito naturale è un ecosistema estremamente complesso. Solo un equilibrio perfetto tra le diverse popolazioni di batteri lattici e i lieviti consente una produzione sufficiente di CO2 per la lievitazione dell’impasto e contestualmente una equilibrata acidificazione dell’impasto che caratterizzi il prodotto e doni:
migliore digeribilità : la maggiore produzione di enzimi proteolitici favorisce la trasformazione delle proteine in amminoacidi più semplici (inoltre i batteri lattici distruggono l’acido fitico che impedisce l’assimilazione di molti nutrienti);
maggiori sapori e aromi accompagnati da un prodotto più morbido e soffice ad opera della fermentazione lattica;
maggiore conservabilità (allungamento shelf-life): l’ambiente acido da un lato rallenta la retrogradazione dell’amido, dall’altro funge come barriera contro altri microorganismi come muffe (per effetto dell’acido lattico).
Inoltre, la maggiore acidità dell’impasto rispetto all'uso del lievito di birra rallenta anche i processi enzimatici consentendo più margini di flessibilità sulle tempistiche di gestione (impasti e infornamento).
Composizione del LN
Il LN, solido o liquido che sia, è un complesso ecosistema composto di saccromiceti (lieviti) e lattobacilli, tipicamente in rapporto 1:100 per la pasta madre solida.
Lieviti
I lieviti si riproducono per gemmazione, specialmente in aereobiosi e in condizioni di abbondanza di nutrimento adatto. Il loro principale prodotto di fermentazione è l’alcol etilico (da qui il nome fermentazione alcolica). Sono molto più resistenti dei batteri lattici e vivono in un range di 4-35°, con un optimum tra i 26-30°. Sopra i 35° la cellula va in sofferenza, prima di morire attorno a i 55°.
La fase di impastamento ossigena la massa facendo partire il metabolismo aerobico e favorendo la riproduzione dei lieviti (questo è l'obiettivo della cilindratura del LN). Quando l’ossigeno finisce inizia il metabolismo anaerobico, i lieviti rallentano il processo di moltiplicazione e iniziano a produrre anidride carbonica, alcol etilico e in piccole quantità acidi organici come l’acido succinico e acetico (cibandosi di glucosio e fruttosio rilasciano anche amminoacidi essenziali per la crescita e lo sviluppo dei batteri lattici).
L’attività dei lieviti è influenzata da:
acidità dell’ambiente: ottimo in ambienti acidi con PH 3.9-5.3;
zuccheri, sali e grassi: i primi due per via della pressione osmotica e del rallentamento dell’attività enzimatica;
temperatura: superati i 24°, ogni grado aggiuntivo comporta un aumento dell’attività fermentativa dell’8-12%;
qualità e durezza dell’acqua: il cloro è un disinfettante e rallenta la moltiplicazione dei lieviti. Inoltre, l’eccessiva durezza dell’acqua irrigidisce la maglia glutinica rallentando il processo fermentativo. Se incerti sulla qualità dell’acqua usare acqua minerale frizzante (preferibile alla naturale per l’apporto di gas).
Batteri lattici
A differenza della maggior parte dei liviti, i batteri lattici fermentano il maltosio, lo trasformano in glucosio (utilizzabile dai saccaromiceti) e acidificano l’ambiente rendendolo idoneo allo sviluppo dei lieviti. I lattobacilli hanno una fermentazione diversa dai lieviti con una produzione di gas molto inferiore. La selezione di LAB è influenzata dalla temperatura dell’ambiente di lievitazione, la temperatura della pasta, il tasso di idratazione e la percentuale di umidità dell’ambiente in cui viene maturato. As sua volta, lo sviluppo della popolazione di LAB incide sulla produzione di acido lattico e acetico che in condizioni ottimali deve essere di 3:1. L’acido acetico (favorito da basse temperature e basse idratazioni) irrobustisce la maglia e genera tenacità , mentre l’acido lattico (favorito con temperature alte e umidità ) rende l’impasto più estensibile. I LAB che compongono un LN sono:
LAB omofermentanti obbligati
Producono quasi esclusivamente acido lattico (90%). Sono detti termobatteri perché si sviluppano fino a 45°.Quando trovano le condizioni adatte al loro sviluppo colonizzano l’ambiente inibendo lo sviluppo di qualsiasi altro organismo, compreso gli eterofermentanti, rendendo anche inattivi i lieviti (l’impasto perde gradualmente forza e la crescita si arresta). Per questo è importante che il LN sia principalmente composto da eterofermentanti. Il loro sviluppo aumenta in caso di:
utilizzo di farine ricche di fibra;
temperature elevate: range di azione 15-45°, è fondamentale prestare attenzione alla temperatura finale dell’impasto e dell’acqua usata nei rinfreschi. Con temperature finali di impasto superiori a 28° prolificano LAB omofermentanti;
alta idratazione dell’impasto (impasti duri sono da preferire).
LAB eterofermentanti obbligati
Insieme all’acido lattico producono anche CO2 e acido acetico (e/o alcol etilico). È la popolazione di batteri più idonea ai prodotti da forno. Il LAB Sanfrancisciensis è di questo gruppo, in grado di usare maltosio e di abbassare notevolmente il PH fino a 3,8 per favorire lo sviluppo dei lieviti. Lo sviluppo dei LAB eterofermentanti è influenzato da:
controllo delle temperature: la temperatura dell’impasto deve essere regolarizzata e aggirarsi in un intorno di 26/27°
temperatura ambiente del luogo di stazionamento: riposo notturno a 16-18°;
percentuali di acqua: tra il 44-47%.
LAB eterofermentanti facoltativi
Producono quasi esclusivamente acido lattico (anche se in scarsità di glucosio producono anche lattato, acetato, etanolo). Anche se meno dannosi degli omofermentanti possono comunque rallentare l’attività dei lieviti.
Gestione in equilibrio
Un lievito in equilibrio è caratterizzato da un rapport lieviti LAB 1:100 e un rapporto 1:3 tra acidità acetica e lattica. Squilibri di forza o di acidità devono assolutamente essere corretti prima di entrare in produzione con un grande lievitato. A tal proposito la sezione successiva fornisce qualche inidiazione sulla diagnosi del lievito e eventuali azioni correttive. In questa sezione si parla di gestione di un lievito già in equilibrio, cioè sano. Un lievito che quando maturo è estremamente profumato (appena un accenno di alcolico), ha un sapore leggermente acido, una pasta bianca calda (ocra) e soffice con alveoli allungati e uniformemente distribuiti (equidistanti), PH ottimale di 4.1-4.3.
Le tecniche di conservazione e utilizzo del lievito sono molteplici e si adattano alle diverse esigenze di produzione. Per mantenere un equilibrio stabile tra LAB e lieviti è però fondamentale regolarizzare il grado e la consistenza d’impasto, la temperatura d’impasto, il tempo e la temperatura di conservazione, tutti fattori che selezionano la crescita di LAB omo o eterofermentati e influenzano l'attività dei lieviti.
Delle linee di massima per rafforzare e non sbilanciare un lievito (a prescindere dal tipo di gestione) possono essere sintetizzate come segue:
regolarizzare il più possibile la temperatura di chiusura dell'impasto rinfrescato attorno a 26-28° aiuta moltissimo a mantenere gli equilibri; meglio se sempre a 27°. E’ un valore importante anche per la formazione della maglia glutinica; un impasto freddo chiuso sotto i 22° avrà un glutine formato solo parzialmente (e con una lievitazione rallentata), mentre sopra i 30° si avrà un’attività enzimatica eccessiva e tenderà alla liquefazione. Temperature troppo basse (anche solo di 3°) rischiano di allungare molto i tempi nella fase dei rinfreschi preparatori).
A tale scopo la temperatura dell’acqua da usare se non si hanno scopi correttivi è approssimabile da 3T-TF-TA-coeff. Dove T è la temperatura desiderata dell’impasto finale (27°C), TF e TA sono rispettivamente la temperatura della farina (mediamente 2° in meno della TA) e ambiente, coeff è il coefficiente di riscaldamento del sistema di impastamento adottato (10° per la spirale, 8° per una planetaria, 5° per la tuffanti). In linea di massima in ambienti normali (22-24°) la temperatura ottimale dell’acqua si aggira attorno ai 24/26°;
effettuare un riposo notturno del lievito di 16h è fondamentale per permettere al lievito di purificarsi dai microorganismi dannosi, non specifici, per via l’elevata acidità che si viene a formare. Inoltre, l'acidità seleziona spontaneamente gli elementi più forti. Il riposo deve essere fatto a 16-18°C (sia per il lievito legato che in acqua, a patto che quest’ultimo sia tenuto più duro). Se impossibilitati a tenere il lievito a 16° aiutarsi con il frigo: fino a 20-21° lasciare a TA, a 26° lasciare a TA per 8h e terminare in frigo, a 32° 4h a TA e resto in frigo, a 38° 2h a TA e il resto in frigo;
grado e consistenza d’impasto. Sia un impasto duro che poco impastato favoriscono sviluppo acido acetico. Usare la giusta percentuale di acqua (44%-46% a seconda della farina) e impastare bene;
Laminare/piegare e cilindrare il lievito per ossigenarlo e favorire la riproduzione dei lieviti e avere uno sviluppo maggiore. Facendo due giri di pieghe a tre e cilindrando il lievito si avrà un aumento sostanziale della riproduzione dei lieviti nei primi 30’ successivi al rinfresco (fase aerobica);
il bagnetto deve essere effettuato o per alleviare lo stress nella fase di produzione ripetuta o per correggere squilibri, altrimenti non più di una volta a settimana per non rallentare troppo i lieviti o ridurre eccessivamente l’acidità . Le modalità varieranno a seconda del metodo di gestione del lievito (in acqua o nel sacco);
se durante i rinfreschi il lievito passasse di maturazione (inacidito) non si deve rinfrescare ma si deve procedere nuovamente al lavaggio ed alla purificazione in acqua fredda e zuccherata. In seguito deve essere rinforzato almeno tre volte prima di essere utilizzato nel primo impasto;
attenzione all’utilizzo di disinfettanti che possono compromettere la componente batterica; per pulire i piani di lavorazione usare acqua calda e alcol etilico 95°;
verificare lo stato di salute e forza del lievito usando una spia. Prendere 100g di lievito appena rinfrescato 1:1 (pari peso di lievito e farina) e mettere in una brocca con 2l di acqua a 16° con una TA di 20°. Se viene a galla in 1.45/2h è sano e pronto per la produzione;
utilizzare la stessa farina, di forza (W360/380 p/l 0,65), che si userà per il grande lievitato;
evitare di stressare il lievito con proporzioni sbilanciate nei rinfreschi e aspettare sempre almeno il raddoppio prima di un nuovo rinfresco per evitare di indebolirlo;
a prescindere dal tipo di gestione, un lievito stretto che spinge lateralmente sulle pareti acquisterà forza, altrimenti sarà più debole.
Gestione in sacco
Caratteristiche: il lievito legato nel telo dà un prodotto più acido (maggiore acidità acetica) con un’attività dei lieviti maggiore e una struttura migliore. La maglia glutinica è più rigida, quindi necessita di più attenzione, soprattutto nella fase di conservazione, utilizzo e maturazione. Anche la fase di lievitazione richiede attenzione, un prodotto giovane tende a spingere poco in forno risultando in uno sviluppo subottimale. Avendo una popolazione di lieviti più marcata che nella gestione in acqua, la crescita in forno sarà molto forte all’inizio ma si arresterà presto per via della minore resistenza dei lieviti al calore.
Messa in forza per un lievitato
riposo notturno 16h a 16-18°;
bagnetto (eventuale se lievito stressato dal ciclo produttivo o correttivo);
rinfresco 1:2:0,92 (1:2:0,7-0,76 se si effettua il bagnetto), cilindrato e a lievitare libero a 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale, 100g LN in brocca da 250g);
rinfresco 1:1:0,44-0,46, cilindrato e a lievitare libero a 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale);
eventuale 3° rinfresco, ma comunque già in equilibrio per entrare in produzione se il lievito è in salute.
Bagnetto: essendo un impasto più acido è necessario usare acqua fredda a 20° (per abbassare l’acidità ) con 1/2 g di zucchero per litro, meglio se fruttosio (comunque è bene non esagerare con il fruttosio perché è un cofattore di sviluppo di acido acetico). La quantità di acqua deve essere proporzionata al lievito (3l per Kg di LN). Far stazionare 15/18’ per eliminare la materia idrocarbonata (simile alla gomma), la resina amara e le sostanze grasse. Stazionamenti troppo lunghi rischiano di far depositare anche i globuli del lievito e che si sciolga l’amido solubile.
Riposo standard: rinfrescare 1:3, aspettare che torni in tiro legato e poi riporre in frigo a 4° (1:5 fino a 21gg).
Riposo lungo: sfarinare il lievito mischiando nel cutter pari peso di LN in forza e farina. Fare molta attenzione a come si frulla, non va assolutamente scaldato per evitare di danneggiare la flora (procedere con impulsi brevi e frequenti). Stendere la polvere su un piano pulito e farla asciugare, poi conservare in sottovuoto e conservare fino a 12 mesi a -18°. Prima del suo utilizzo, stazionare per 24h il preparato a 4°C, fargli fare altre 24h a TA, quindi aggiungere acqua e procedere alle normali operazioni di rinfresco fino ad ottenere un lievito a giusta maturazione. Iniziare con rinfresco 1:1, poi per 3gg rinfreschi 1:2 di 24h a TA, infine per gli ultimi 4 giorni fare due rinfreschi 1:1 lavorando a 28° fino a maturazione (1+1,5) e un altro rinfresco con messo a riposo notturna (16/18° per 16/18h). Nel complesso, considerare un totale di 12 giorni per rimettere il tutto in forza.
Gestione in acqua
Caratteristiche: prevede una gestione in acqua di tutte le fasi del lievito. Il lievito tenuto in acqua sviluppa una popolazione lattica maggiore, che diluendosi in parte, proprio nell’acqua di conservazione (acido lattico solubile), rende il prodotto generalmente meno acido, aiutando a sviluppare una maglia più estensibile e riduce i rischi di acidificazione dell’impasto Consente di prolungare i tempi di lievitazione senza alcun problema di acidità , nemmeno se il lievito è debole e impiega troppo tempo a lievitare. Allo stesso modo, perdona più facilmente errori di temperatura eccessiva che porterebbero normalmente alla disgregazione della maglia per via dell’acidificazione dell’impasto a causa dei batteri lattici. Inoltre è associato a una shelf life migliore e più lunga, con una permanenza della morbidezza per settimane. Il rapporto lieviti batteri è di 1:100, quindi la popolazione dei lieviti è inferiore al LN in sacco e questo fa si che si abbia un tipo di fermentazione diversa, portata avanti per lo più dai batteri e perciò molto più lenta e costante. Lo stesso nel processo di cottura, dato che i batteri lattici sono più termoresistenti, si avrà una maggiore crescita in forno (sembrerà che stenta a crescere all’inizio, ma la fase di spinta in cottura è più lunga).
Gestione: il lievito, dopo esser stato laminato/piegato e cilindrato, viene riposto in un recipiente pari a 5 volte il volume iniziale e stretto (per evitare dispersione del calore), contenente 3 volte il peso del lievito in acqua a 19/20° (1kg lievito/3l acqua). Deve venire a galla in 45/60’, tempistiche maggiori indicano un lievito debole. Il recipiente deve essere della dimensione adatta per avere una giusta percentuale di massa sommersa e emersa, ovvero avere un volume 5 volte quello del lievito (5l per 1Kg di lievito). Inoltre deve essere a caraffa perché il lievito lavora meglio e prende forza se compresso (non deve galleggiare e crescere allargandosi ma deve toccare subito i bordi e comprimersi crescendo in alto). Lo stato della crosta, che dovrebbe essere di 2-3mm e spellarsi facilmente, da informazioni sullo stato di salute del lievito. Se troppo spessa è un indice di eccesso di acidità acetica, se troppo sottile o addirittura appiccicosa indice di eccesso di acidità lattica.
Messa in forza per un lievitato
riposo notturno 16h a 16-18°;
bagnetto (eventuale se lievito stressato dal ciclo produttivo o correttivo);
rinfresco 1:1:0,44 (1:1:0,35 se si effettua il bagnetto) a lievitare 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale);
rinfresco 1:1:0,44 a lievitare 28° con HR 75% per 3/3:30h (o comunque fino a 2,5 volte il volume iniziale);
eventuale 3° rinfresco, ma comunque già in equilibrio per entrare in produzione se il lievito è in salute. 3° rinfresco: 1:1,1:0,5.
Bagnetto: il lievito ha prodotto più acido lattico come popolazione, ma meno acidità totale perché diluito in acqua. Il bagnetto, sempre di 15/18’, deve essere effettuato a temperature maggiori (32-34°) per rivitalizzare i lieviti. La quantità di acqua deve essere proporzionata al lievito (3l per Kg di LN), e sempre addizionata con il 2� di fruttosio. Questa operazione, proprio per via dell’acqua calda, può essere ripetuta giornalmente.
Riposo standard: (7gg) rinfrescare 1:2 e riporre in frigo a 4° (aumentare fino a 1:3/4 per 14-21gg). All’uscita dal frigo lasciato a temperatura ambiente almeno 12h, o comunque fino a che non ha finito la lievitazione qualora fosse ancora meno che triplicato. Il giorno successivo si procede al primo rinfresco (o bagnetto).
Riposo lungo: surgelare in acqua (fino 12 mesi). Una volta rinfrescato il LN (1:2) mettere in acqua a 18-20° (in proporzione 3:1 sul lievito) e conservare a 20°/22°. Una volta venuto a galla porre in frigorifero a 4-5°C per almeno 10h, poi trasferirlo in abbattitore sempre in bagno d’acqua e conservare a -18°C protetto da un sacchetto. Per rigenerarlo, transitare a 4° per 24h, poi trasferire a temperatura ambiente per altre 24h, o comunque fino a completa lievitazione, prima di procedere con un rinfresco 1:1 senza bagnetto (possono volerci anche due giorni).
Due sono le tipologie più popolari di gestioni in acqua (io opto per una via di mezzo), di cui si ripropongono le principali caratteristiche:
Gestione Morandin (scuola piemontese)
Mantenimento giornaliero:
bagnetto giornaliero, acqua 38° con 2� di zucchero per circa 20/30 minuti;
rinfresco con acqua a 30°, impastando lievito e acqua e poi aggiungendo farina (dopo il bagnetto 1:1:0,3). Far maturare 24h a 16-20° in acqua a 16-18°.
Preparazione per un grande lievitato (dopo diversi giorni a TA):
6:00, bagnetto a 38°;
6:30, primo rinfresco 1:0,9:0,27, immerso in acqua a 26° e messo a lievitare in cella a 30/31° per 3 ore effettive (deve triplicare) con UR 75-80%. Qualora fosse leggermente debole, rinfrescare 1:0,8:0,24;
9:40, secondo rinfresco 1:0,9:0,36, immerso in acqua a 26° e messo a lievitare in cella a 30/31° per 3 ore effettive (deve triplicare) con UR 75-80%;
12:50, terzo rinfresco 1:0,9:0,36, immerso in acqua a 26° e messo a lievitare in cella a 30/31° per 3 ore effettive (deve triplicare) con UR 75-80%;
16:00, pronto per il primo impasto.
Gestione Bazzoli
Mantenimento giornaliero:
assenza di bagnetto giornaliero, a meno di squilibri da correggere;
rinfresco con acqua a 26°, 1:1:0,4, fatto maturare 24h a 16-20° in acqua a 16-18°;
uso acqua gassata nei rinfreschi e nell’acqua di ammollo solo in caso di squilibri.
Preparazione per un grande lievitato:
T-2: ore 10:00 togliere lievito dal frigo e far ambientare per 6h a TA;
T-2: ore 16:00 rinfrescare 1:1:0,35 e lasciare in acqua a 16° per 18/24h;
T-1: ore 13:00 rinfresco 1:1:0,35 e a lievitare a secco (in un canovaccio infarinato) a 28° per 2,5h/max 3h (lievito molto giovane);
T-1: ore 16:00 rinfresco 1:1:0,45 e a lievitare in acqua per 18-24h;
T: ore 13:00 rinfresco 1:1:0,35 e a lievitare a secco a 28° per 2,5h/max 3h;
T: ore 16:00 rinfresco 1:1:0,45 e a lievitare a secco a 28° per 2,5h/max 3h (metà in acqua per la conservazione);
T: ore 19:00 primo impasto (pronto quando quadruplicato).
Gestione libera
Gestione allo stato solido che non prevede né legatura, né gestione in acqua, ma semplicemente un contenitore chiuso. Lo si rinfresca come un lievito nel sacco, ma viene lasciato libero.
Bisogna porre molta attenzione perché tende ad avere molto facilmente squilibri di acido acetico. Per questo motivo è consigliabile fare bagnetti giornalieri freddi. Andando in contro a un piccolo indebolimento è consigliato procedere anche con il terzo rinfresco.
Per il resto, procedere come con il lievito nel sacco, tranne che il primo rinfresco va fatto in rapporto 1:1,5:0,675.
Verifica della qualità e gestione degli squilibri
Squilibri nella composizione del LN, sebbene risultino ininflenti nella produzione quotidiana di prodotti lievitati semplici, possono causare danni enormi su impasti arricchiti come per i grandi lievitati. A meno di avere un laboratorio chimico a casa, e' necessario affidarsi ai propri sensi. Anche i PHmetri non sono particolarmente utili, in quanto danno informazioni sull'acidità totale ma nessuna indicazione sul rapporto acido lattico/acetico, che in condizioni ottimali deve essere 3:1. L’analisi del lievito deve essere quindi distinta tra una valutazione di forza e acidità totale e una valutazione dell’equilirbio acido al suo interno.
Forza e acidità totale
Si distinguono
Lievito maturo: profumato, sapore leggermente acido, pasta bianca calda (ocra) e soffice con alveoli allungati e uniformemente distribuiti (equidistanti), PH 4.1-4.3, profumo alcolico.
Lievito troppo forte: è un impasto che ha prodotto troppi lieviti (se non acido), rompendo di fatto l’equilibrio coi batteri lattici, oppure ha prodotto troppo acido acetico, nel qual caso avrà un sapore acido amaro, colore grigiastro, alveoli rotondi, PH<4, profumo acido pungente, consistenza appiccicosa. In tal caso correggere con un lavaggio in bagno d’acqua (18°) aggiungendo il 2� di fruttosio sull’acqua e lasciare a bagno per 15/20 minuti (rapporto acqua lievito 3:1). Strizzare il lievito e rinfrescare 1:2:0,7.
Lievito troppo debole: sapore dolciastro privo di punte di acidità , colore bianco, pasta scarsamente alveolata, PH 5-5.5, profumo di farina. Rinfrescare 1:0,8:0,36, messo a lievitare a 28°C. Procedere ai successivi rinfreschi dosando la farina fino ad ottenere un lievito della giusta consistenza, che maturi in 3/3:30 ore a 28°C.
Lievito inacidito: sapore di acido acetico, odore di formaggio (acido butirrico), colore grigio, pasta vischiosa, PH molto basso. Lavare in bagno d’acqua per 15/20 min aggiungendo il 2� di fruttosio. Strizzare il lievito e rinfrescare 1:2:0,9 con 40g di tuorlo e 6g fruttosio per Kg di farina (entrambi). Continuare a rinfrescare (senza tuorlo e zucchero) fino a che non matura in 3/3:30 ore a 28°C.
Squilibrio con eccesso lattico
Un eccesso di acido lattico, causato da uno sviluppo eccessivo di LAB omofermentanti, non è riscontrabile all’olfatto (non è volatile) ma lo è all'assaggio percbè rende il prodotto acido con un amaro persistente che si percepisce nella parte posteriore e laterale della lingua (dopo la cottura è ben marcato). Dato che il profumo di un lievito viene dalla componente acetica, l’assenza di profumi è un forte segnale di uno squilibrio lattico. Queste le caratteristiche di un impasto con prevalenza di acido lattico:
impasto più debole, con un rallentamento progressivo fino alla totale interruzione dell’attività di lievitazione;
impasto più appiccicoso meno resistente alla lavorazione, più estensibile, difficile da impastare (elasticità e estensibilità che disperderanno l’impasto per la macchina invece di formare la palla);
difficoltà ad incorporare i grassi, fino al punto dividersi (la polarità positiva dell’acido lattico si sostituisce alla polarità positiva del glutine formando una maglia glutinica instabile che non regge il carico dei grassi e si slega);
distacco del prodotto cotto (se l’accumulo non è così eccessivo da generare la separazione in fase di impastamento, comunque l’eccesso di acidità lattica, favorendo un eccesso di destrine, impedisce la trasformazione in gel dell’amido; l’amido non gelatinizzato non ha struttura e avviene il distacco);
alveolatura piccola e tonda dell’impasto.
La cura sta nello stimolare lo sviluppo di LAB eterofermentanti (tempo necessario: almeno 48h se lo squilibrio non è eccessivo). In particolare:
acqua del rinfresco a 24-26°, se necessario anche 20-22°;
riposo notturno a basse temperature: 10° se nel sacco, 4° se in acqua;
bagnetto con acqua fredda (19°), addizionata con 2� di fruttosio e in rapporto 3:1 con il lievito;
abbassare idratazione fino al 40%;
usare tuorlo (40g/Kg farina) nei rinfreschi;
fare anche due rinfreschi al giorno a meno di 22° (meglio se 18°);
evitare l’uso di farina con parti cruscali.
In casi estremi di squilibri lattici sostanziali (se porta per esempio alla totale separazione dei grassi): interrompere la produzione, al primo rinfresco aggiungere tuorlo e raddoppiare la farina. Nel secondo e terzo rinfresco aggiungere 0,2% sale per regolarizzare e controllare l’acidità (solo in caso di separazione dei grassi). Se l’acidità è veramente eccessiva, è possibile usare anche lo 0,4-0,5% di bicarbonato di sodio sulla farina.
Qualora si partisse da un lievito in coltura liquida trasformato in solido in vista di un grande lievitato, con una gestione di due rinfreschi al giorno a 18/20° si otterrà un riequilirbio in circa 15/20 giorni.
Squilibrio con eccesso acetico
Un eccesso di acido acetico (volatile) è facilmente riconoscibile a livello olfattivo, avendo un odore acre e pungente. Inoltre l’acidità è meno amara di quella lattica e percepibile solo sulla punta della lingua. Un eccesso di acidità acetica causa:
impasto più resistente e coriaceo con una maglia glutinica che tende a strapparsi;
prodotto con poco gusto perché parte dell’acidità sarà persa in cottura (acidità acetica è volatile);
alveolatura allungata (tipicamente acidità acetica è accompagnata da una elevata attività dei lieviti con conseguenti alveoli grandi e allungati);
maggior produzione di muffe, in quanto è l’acidità lattica che ne protegge l’insorgere.
La cura sta nello stimolare lo sviluppo di omofermentanti (tempo necessario: almeno 48h se lo squilibrio non è eccessivo). In particolare:
durante i rinfreschi sciogliere, prima dell’aggiunta della farina, il lievito con acqua tiepida, questo migliorerà l’attività dei lieviti e indurrà ad una produzione di acido lattico;
aumentare l’idratazione fino anche al 55% sul peso della farina.
Oh mica vi sarete spaventati vero? Alla fine è molto più facile, basta usare il buon senso!!!
Questa è una delle poche guide on-line veramente ben fatta. Ci sono delle spiegazioni in questo articolo che non ho mai letto prima.
RispondiEliminaComplimenti anche per il blog.